11/12/2020 - 02/04/2021

Daniela Comani - THE BEGINNING THE END / L'INIZIO LA FINE con testi di Veronica Santi e Matteo Bergamini


“Ero una vecchia che pescava da sola su una barca a vela nella Corrente del Golfo ed erano ottantaquattro giorni ormai che non prendevo un pesce.”
“Una mattina, destandomi da sogni inquieti, mi trovai mutata in un insetto mostruoso.”
Questi i nuovi incipit di Il vecchio e il mare di Hemingway e La metamorfosi di Kafka tratti dalla versione italiana inedita del lavoro The Beginning The End di Daniela Comani.


Realizzato nel 2020 con materiale catalogato dal 2014, The Beginning The End è un progetto che raccoglie una collezione di 424 citazioni tratte dalla narrativa classica, contemporanea e di genere.
Il lavoro si sviluppa attraverso la stesura di un libro diviso in due parti simmetriche, L’inizio e La fine, che si incontrano nell’esatta metà del volume stesso. Comani ha raccolto la prima e l’ultima frase di 212 romanzi: L’inizio segue la struttura di un collage e dà vita a una nuova storia data dagli incipit dei testi ordinati seguendo un senso logico di narrazione; La fine, invece, diventa una storia di coincidenze nata dalla sequenza di tutte le corrispettive ultime frasi. In alcuni casi, l’artista ha scelto di ricorrere a un artifizio, adattando cioè la citazione e portando la frase in prima persona, come atto di appropriazione.


Il progetto The Beginning The End si inserisce nell’indagine sul genere attraverso i meccanismi di appropriazione e citazione che Daniela Comani porta avanti dagli inizi della sua ricerca, a cui appartengono opere quali, tra le altre, Novità Editoriali, My Film History, Coverversionen, Sono stata io. Diario 1900-1999.


La mostra segna l’uscita del nuovo artist book The Beginning The End / L’inizio La fine, edizione Monroe Books, Berlino, disponibile nella versione italiana.


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ARTIFICIALIZED INTELLIGENCE



“L’idea dell’eterno è misteriosa e con essa Nietzsche ha messo molti filosofi in imbarazzo: pensare che un giorno ogni cosa si ripeterà così come l’abbiamo già vissuta, e che anche questa ripetizione debba ripetersi all’infinito!”


Milan Kundera, L‘insostenibile leggerezza dell’essere


 


Dopo settimane di arrovellamenti sinaptici, sono giunta alla conclusione che il lavoro.


The Beginning The End di Daniela Comani abbia una possibilità subliminale e rivelatoria che si esplica nel ripercorrere il suo processo artistico e nell’abbandono emotivo successivo dello stesso, a favore di qualcosa di più profondo, che sfugge a una definizione ma che ci riguarda da vicino.


Come risaputo, la pratica di Comani si fonda sull’appropriazione e sulla manipolazione, che si potrebbe definire come una “maniacale catalogazione analogica personalizzata”. Nel caso di The Beginning The End, per sei anni l’artista ha individuato, trascritto su delle schede e quindi collezionato sul suo tavolo celeste a Berlino le frasi iniziali e finali di romanzi più o meno celebri, principalmente del 900-primi 2000. La formalizzazione del lavoro si è quindi tradotta in primo luogo in un libro che racchiude due racconti. The Beginning, che combina una narrazione sincopata, cercata dall’artista e non lineare, degli inizi di 212 romanzi selezionati e The End, che mette in fila le 212 frasi finali degli stessi romanzi di The Beginning, rispettandone la medesima successione. Nel primo, si alternano i paesaggi, il giorno e la notte, i grandi temi della letteratura, come la nascita, il ricordo dell’infanzia, la formazione della propria identità, il rapporto con la famiglia, la morte del padre e della madre, i viaggi, reali e metaforici, il lavoro, gli accadimenti, gli amori. Il tutto attraversando temporalmente le quattro stagioni – si va dalla “strana estate soffocante” di Sylvia Plath in La campana di vetro alla primavera di quel giorno in cui i “ciliegi saranno fioriti” di Christa Wolf in Guasto.


In The End, invece, ricorre più frequente l’idea di morte e ogni frase arriva ai nostri occhi come una sentenza isolata, dei microclimi di testualità che ci riposizionano su territori inconsci, o sulla soglia di una porta che a volte è chiusa, a volte è aperta su prospettive ben delineate e a volte ci lascia davanti all’infinto.


I due racconti sono uno accanto all’altro, come se fossero l’uno lo specchio dell’altro. Della stessa lunghezza, si incontrano esattamente a metà del libro. Inoltre, si interlacciano nei rispettivi inizi e fini (“Il sole non s’era ancora levato”....”Qui il mare finisce e la terra comincia” / “Le onde si ruppero a riva”....”Qui, dove il mare è finito e la terra attende”), esaltando un’armonia che sembra suggerire un tempo di lettura circolare e senza fine. Idealmente, quasi lisergicamente, queste corrispondenze tra l’inizio e la fine dei romanzi nei due racconti The Beginning e The End mi fanno pensare a dei lucchetti magici che tengono chiuso al loro interno lo svolgimento di una trama sottratta e sigillano l’opera d’arte letteraria.


La perfezione e la simmetria, formale e concettuale, che emerge in The Beginning The End (senza la e di congiunzione stavolta) sottostà all’idea di progetto e scelta dell’artista, e quindi a un disegno ben definito che si esplicita visivamente nell’altra formalizzazione del lavoro che si trova in mostra: un dittico in cui ogni quadro riporta uno dei due racconti. Qui le frasi sono racchiuse senza soluzione di continuità all’interno dalla cornice e i silenzi, del voltare pagina o degli spazi bianchi, sono eliminati, restituendo una visione a volo d’uccello del lavoro, simbolica e ipnotizzante.


Oltre ad essersi appropriata delle citazioni letterarie, Comani compie due atti di manipolazione delle stesse.
Il primo, cambiando in alcuni casi il genere del soggetto, dal maschile al femminile. L’operazione abbraccia una modalità già utilizzata dall’artista per indagare il sommerso della nostra coscienza collettiva erosa da stereotipi e tematiche di genere. Per esempio, nella serie Novità editoriali (2007 - in corso), in cui le copertine di famosi classici della letteratura occidentale sono state manomesse cambiando di volta in volta il sesso del / della protagonista (alcuni esempi esilaranti: Monsieur Bovary, La Piccola Principessa, La Baronessa Rampante o La Signora degli Anelli).


Il secondo atto manipolatorio è stato cambiare, laddove necessario, il soggetto, riferendolo cioè alla prima persona singolare, in modo da uniformare l’intera narrazione. Anche questa modalità ci è familiare nel lavoro pregresso di Comani, e la ritroviamo per esempio in Cover Versions (2007 - in corso), dove l’artista si appropria delle celebri copertine del Time o Der Spiegel e le re-interpreta da protagonista, collegando tutti gli avvenimenti a una medesima attrice, Comani stessa, seppur di volta in volta camuffata. Oppure in Sono stata io. Diario 1900-1999 (2002), un diario dove l’io narrante ripercorre giorno per giorno, dal 1 gennaio al 31 dicembre, i fatti che hanno segnato la storia del 900, rivestendo la prospettiva a volte dal carnefice, altre volte dalla vittima.


Se la tecnica è la stessa di Sono stata io. Diario 1900-1999, proprio nel paragone con questo lavoro qualcosa di strano inizia ad emergere ripensando a The Beginning The End. Mentre nel primo caso, infatti, siamo rapiti dalla narrazione, ci immedesimiamo, sentiamo tutta la pesantezza del secolo breve giunto alla fine e siamo partecipi emotivamente degli eventi che hanno segnato le storie delle nostre famiglie e delle nostre vite, nel secondo avvertiamo un io “farabutto”, col quale non empatizziamo, come se fosse un impostore che si annida da qualche parte, dentro o fuori da noi. E certamente non è l’io terzo e “neutrale” dell’artista che di volta in volta veste un personaggio differente.


La sensazione si amplifica nell’altro elemento che Comani mette in mostra: il backstage del suo lavoro. Nel libro, infatti, i grandi scrittori selezionati sono solo elencati, ma è mediamente difficile, se non proprio in alcuni casi più eclatanti, capire a quale romanzo appartenga la citazione (chi ricorda come inizia / finisce Alla ricerca del Tempo Perduto di Proust? O 1984? E Il Ritratto Di Dorian Gray?). A differenza di Sono stata io. Diario 1900-1999, qui, l’artista ci fornisce le “soluzioni”, ricoprendo un’intera parete con le 424 schede figlie del suo processo analogico, ognuna delle quali, cioè, riporta le singole frasi, a volte manipolate, che compongono The Beginning The End, abbinate alla frase originale, tradotta e in lingua originale, il nome del romanzo e dell’autore. Come un puzzle già montato, questa visione ci restituisce chiarezza, ci diletta e soddisfa la nostra curiosità, solletica la nostra memoria. E ci mette a disagio. Sì, ci mette a disagio. Nonostante tutto, questa visione d’insieme e la mole delle informazioni contenute emana qualcosa di criptico. I confini, inizio e fine, dell’opera d’arte non sembrano più concetti così sicuri. Emergono, piuttosto, sfuocati. La razionalità e la perfezione del lavoro vacillano. I due racconti, The Beginning e The End, si riflettono l’uno davanti all’altro mostrando n-io prigionieri in un labirinto di specchi. Chi è quell’io narrante? Chi decide quando inizia e quando finisce un’opera d’arte?


Il dilemma non è novecentesco e la diffidenza ci porta a trovare nel testo delle eccezioni alla regola, sapientemente centellinate da Comani. Subito nella prima pagina di The End, per esempio, salta all’occhio l’assenza della prima persona (“E parve loro di vedere una conferma dei loro nuovi sogni e delle loro buone intenzioni, quando, al termine del viaggio, la fanciulla si alzò per prima, stirando il suo giovane corpo”). Una licenza poetica dell’artista...o un errore di sistema? Scelte autoriali...o codici cifrati?


Per tanti versi, il modo in cui leggiamo The Beginning The End parla del modo in cui abbiamo imparato a usare il web: viaggiando da un luogo all’altro dell’ipertesto, navigando attraverso la sua immensità; parla di come siamo diventati dei flâneur virtuali, surfando in modo casuale; di come abbiamo imparato a gestire e raccogliere le informazioni, senza sentire la necessità di leggere il web in modo lineare, e così via. Perdere la rotta, o andare alla deriva è parte integrante dell’esperienza di lettura di un libro di appropriazioni così come ci è giunto. L’originalità non esiste in ogni caso, esiste solo l’autenticità.


C’è però un segreto: è impossibile sopprimere l’espressione del sé. Anche quando facciamo qualcosa di apparentemente “non creativo”, come per esempio ribattere un paio di righe di testo, ci esprimiamo in diversi modi. Un determinato atto di scelta e di ricontestualizzazione può dirci tanto di noi quanto la storia dell’operazione al cancro di nostra madre.


E poi c’è l’emozione: sì, l’emozione. Ma anziché in modo coercitivo o persuasivo, questa scrittura trasmette emozione per vie oblique e imprevedibili: i sentimenti nascono dal processo di scrittura, anziché dalle intenzioni dell’autore.
Infine, c’è un codice nascosto: per ogni immagine digitale, pagina internet, canzone in mp3 o video in mp4a corrisponde una traduzione alphanumerica, apparentemente illogica e incomprensibile ai più (basti aprire un video in XML, convertire un’immagine .JPEG in .txt o usare un sistema ATBASH). Proprio a causa di questo nuovo ambiente, esiste un certo tipo di libri che vengono scritti non per essere letti, ma per essere pensati. E ci sono libri che, nella loro costruzione, sembrano imitare e allo stesso tempo commentare il nostro legame con le parole digitali, proponendo, così, nuove strategie di lettura – o di nonlettura.


La critica letteraria Marjorie Perloff ha utilizzato l’espressione genio non originale, sostenendo che per via dei cambiamenti dovuti allo sviluppo tecnologico, in particolare a internet, la comune nozione di genio – ossia di una figura romantica isolata – è da considerarsi obsoleta. Dal suo punto di vista, più che un genio maledetto e sofferente, lo scrittore di oggi è un programmatore che immagina, costruisce, esegue e si prende cura di una macchina di scrittura (Patchwriting da “CTRL+C, CTRL+V – Scrittura non creativa” di Kenneth Goldsmith, Nero Editions, 2019, pg. 136, 273, 16, 11, 187, 7).


Ma allora, perché quella sensazione di disagio?
In una concatenazione narrativa assolutamente priva di una logica consequenziale standard, The Beginning The End è un lavoro apparentemente “non creativo” (Da intendersi nell’accezione data da Kenneth Goldsmith, vedi paragrafo precedente.) che smaschera la nostra “intelligenza artificializzata”, cioè una modalità cognitiva contemporanea ancora non matura ma ormai profondamente interiorizzata, quasi meccanicamente direi, dai nostri cervelli. Come se ci fosse un “io-artificializzato” dentro di noi che preme per uscire...


Veronica Santi


30 novembre 2020


 







C'era una volta. Fine


Il positivo e il negativo, l'andata e il ritorno, il bianco e il nero. Ma anche la Bella e la Bestia, “C'era una volta” e “Fine”. Al centro – tra gli opposti – l'area nuda, l'incontro con l'inintelligibile.


Il progetto di Daniela Comani The Beginning The End rompe lo specchio che delimita l'inizio e il termine nell'ambito del fenomeno – in questo caso del linguaggio – e unisce il lembo di queste due condizioni usando una traiettoria ipotetica e multipla, potenzialmente infinita. Così, The Beginning The End, come dovrebbe sempre fare un'opera d'arte, entra nel territorio del noumeno, ovvero dell'ipotizzabile oltre l'esperienza sensibile, fisica, ponendosi in quella dimensione pensabile della realtà illuminata da Platone e da Kant.


É una questione geometrica – l'artista afferma di aver pensato al progetto simmetricamente – che ha a che fare con la circolarità del linguaggio: non è un caso che il volume che raccoglie le 424 strofe che compongono L'Inizio La Fine possa essere capovolto per una lettura al contrario che é sempre il diritto e il rovescio dell'altro lato: una porta aperta/chiusa - chiusa/aperta come quella di Marcel Duchamp in rue Larrey a Parigi.


Ancora: Comani concepisce una narrazione metamorfica come piaceva a Raymond Queneau o a Clarice Lispector, che nelle poche righe che danno corpo al racconto La quinta storia ribalta i punti di vista possibili intorno a una delle più meschine azioni domestiche, l'uccisione degli scarafaggi: “Questa storia potrebbe chiamarsi “Le Statue”. Altro nome possibile è “L'Assassinato”. E anche “Come uccidere scarafaggi”. Scriverò così almeno tre storie vere, perché nessuna di loro mente alle altre. Nonostante sia una storia unica saranno mille e una, se mi dessero mille e una notte”.


The Beginning The End nasce da una scelta autoriale; l'artista si appropria di autori che sono suoi e del mondo: tra gli altri Georges Perec – pensiamo a quel racconto di ambienti che è Specie di Spazi –, il Paul Auster dei rovesciamenti di cui è composta Trilogia di New York (qui il più grande autore statunitense vivente è in linea con Leviatano, Città di Vetro e La Musica del Caso), quel Kafka maestro delle mutazioni di prospettiva dall'io all'universale, così come l'Orwell che da anni ci indica che tutti siamo uguali, ma qualcuno è “democraticamente” più uguale degli altri.


Gli incipit e le chiuse delle 212 storie prese in esame da Comani sono sequenze nucleiche che, mescolate, danno forma a un nuovo corpo – slittamento di una semantica non lineare che all'occorrenza muta di genere – lasciando il campo sgombro per l'attuazione di infinite altre costruzioni. É ciò che accade, prendendo in esame un altro autore, ne La camera chiara: Roland Barthes poneva punctum e studium come entità delimitanti l'inizio e la fine di un'immagine; al centro, esperibile, tutto l'universo pensabile della rappresentazione.










Immaginiamo una circonferenza dove start e stop siano i due poli della geometria: sono affiancati? Sono opposti? Sono sovrapposti? Sono prossimi? Sono distanti? Sono speculari?
Contrariamente alla chiarezza o – in questa prospettiva – all'ingannevole titolo, si tratta di avere a che fare con in(d)izi per altre fini: è nell'altrove che si gioca la partita.


Ogni punto di questa circonferenza data della letteratura può essere unito da una retta – restando nel “pensamento” della geometria – e dare origine a un'altra narrazione; immaginando ogni retta a riempire l'area della circonferenza, è chiaro che in men che non si dica questo spazio virerà a terreno per qualsiasi trama da (ri)costruire partendo dagli elementi che l'artista ci offre sul piatto d'argento del Cadavere Squisito, invitandoci a nuotare in una struttura narrativa che, nonostante le mutazioni, contiene nelle sue sponde tutta la liquidità del linguaggio.


E così, in The Beginning The End, ci viene offerta la possibilità di leggere un'altra storia usando le stesse parole: il cantautore Chico Buarque con il suo brano Construção, nel 1971, denunciava la drammatica situazione del lavoro nel Brasile della dittatura militare cambiando semplicemente, e continuamente, di senso o di significato la stessa parola all’interno della composizione musicale. Oggi, sul finire di un anno dove il linguaggio dell'informazione si è palesato come vero e proprio entertainment a supporto dell'ultimo terrore a disposizione del potere per il controllo delle masse, non c'è di certo bisogno di specificare che “altre parole” siano arma e guerriglia; lo si deve semplicemente rimarcare, combattere e perpetrare quando la poesia o la letteratura vengono messi all'angolo di una società decisa a eliminare la possibilità di immaginare altre strade percorribili.


Mai come ora poter fendere le onde di un pensiero dell'altrove, creato spezzando la narrativa dominante, è un regalo infinito, specialmente perché The Beginning The End arriva in un'attualità interamente deprivata di immaginario e spiritualità.
Il contemporaneo ritrova, con questo progetto di Daniela Comani lungo sei anni, la restituzione di un respiro che si allontana dalla cronaca, dall'arte chiusa in se stessa come semplice dispositivo per tracciare la curva di fenomeni, come atto documentaristico per la retorica denuncia del presente, dimenticando di immaginare veritieri percorsi di ricostruzione della società, e della socialità.


L'arte di Daniela Comani, con The Beginning The End, ci viene in soccorso per ridefinire i parametri delle certitudini che si appiccicano all'inizio e alla fine; perché usando altri angoli – gli angoli ipotetici di una circonferenza – si può dipanare una storia scritta in maniera totalmente diversa.
L'arte, ancora, offre le chiavi per indagare combinazioni lucide e tenute segrete, a causa della loro pericolosa indipendenza, dagli orchestratori del linguaggio conforme.


Matteo Bergamini


28 novembre 2020






Galleria Studio G7
Daniela Comani - THE BEGINNING THE END / L'INIZIO LA FINE con testi di Veronica Santi e Matteo Bergamini